Relazione Artistica per il film “Tempo Rubato”
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Premessa

La mia esperienza come regista, finora, si è sempre focalizzata su personaggi che vivono al limite, con complessi interiori su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. E che spesso sono preda di scelte fatte d’istinto, affrontando un mondo che non li comprende e che spesso li rifiuta, considerandoli degli emarginati. Quando, perciò, ho letto per la prima volta la sceneggiatura di Paolo Picciolo ho subito percepito che poteva essere la storia giusta da raccontare;

Perché è la storia di qualcuno che si sentirà sempre fuori posto, fuori tempo e perennemente incompreso dal mondo attorno a sé.

La Sicilia, da sempre, è stata fonte d’ispirazione per storie di carattere internazionale, che contengono profondità, fascino e attrazione universali. “Tempo rubato” può essere sicuramente una di queste, poiché rielabora il tema del tempo, universale, andando a raccontare una storia particolare, quella di Alice, con una malattia più unica che rara – la progeria – in un contesto, però, “fantastico” e, allo stesso tempo, realistico, quale è quello di una famiglia siciliana, che con il suo amore e la sua passione, incoraggia Alice a vivere la propria vita. Liberamente. Senza preoccuparsi del tempo che passa, così velocemente, e che sarà la causa della sua morte prematura.

La musica è la chiave di volta, per tutta la vicenda (tempo rubato non è solo il titolo o un riferimento al poco tempo a disposizione

per la protagonista ma, nel campo musicale, indica un leggero aumento, o diminuzione del tempo di un pezzo a discrezione dell’esecutore, ovvero un libero andamento o interpretazione nell’esecuzione per cui il valore di alcune note è ora aumentato, ora diminuito, ma non deve determinare nel pezzo la mancanza di un tempo di base).

Premessi questi fondamentali dettagli, mi sono reso conto che il miglior approccio a una storia di questo tipo, per realizzare un film interessante, narrativamente e visivamente, è sicuramente quello di vedere tutto attraverso la lente d’ingrandimento della protagonista, cioè Alice.

Un personaggio che sarà in perenne contrapposizione con il suo antagonista principale, cioè il tempo. Con un unico alleato: la musica.

ANALISI

La sceneggiatura del film è scritta secondo quella struttura narrativa che vede prima la costruzione del tetto, per poi dedicarsi alla costruzione di tutto il palazzo; ovvero iniziando con una scena che cronologicamente verrà raccontata in maniera più estesa più avanti, per poi ritornare all’inizio della vicenda. Ed è una “scena madre”, perché vede un punto di svolta per la protagonista che, dopo la vittoria, entra in una fase diversa e più matura della sua vita.

La scena d’apertura, perciò, racconta della preparazione di Alice per il suo primo concorso musicale, quindi continua con la

descrizione dell’ansia e della tensione che accompagna qualsiasi artista, prima del debutto.
In questo caso però l’artista è Alice che, pur dimostrando vent’anni, è ancora una bambina, invecchiata precocemente a causa della sua rara malattia. Quindi non solo a livello fisico, ma anche mentalmente è ancora molto giovane. Con tutto ciò che ne consegue, sia come comportamenti che come inconsapevolezza nei confronti delle esperienze che affronterà, per tutto il corso della sua vita.

A livello registico, quindi, l’aspetto a cui bisogna fare più attenzione è sicuramente la messa in scena del “mondo” di Alice;
i pensieri, le visioni e le cose che percepisce la protagonista e che fanno parte di una dimensione a sé stante.
Il tempo scorre in maniera più veloce per lei e, solo grazie alla musica, riesce a rallentarlo. Questo può sicuramente riflettersi a livello stilistico, poiché tutte le scene dove Alice suona il piano avranno un ritmo dilatato, mentre tutte le altre potrebbero avere un ritmo, viceversa, frenetico.

Un altro aspetto fondamentale è quello del “mondo immaginario”; pur raccontando una storia che è ai limiti fra realtà e fantasia, in questo film, si chiede allo spettatore di stipulare un classico patto con l’autore, che prevede la cosiddetta “sospensione dell’incredulità”. La storia raccontata nel film dovrà essere descritta in maniera sapiente e credibile: la magia narrativa, i personaggi e l’estrema attenzione ai dettagli, dovranno essere gli ingredienti che serviranno a comunicare allo spettatore il significato e i valori della storia, rispettando sempre delle regole narrative e cinematografiche, che contribuiranno a rendere realistico (ed emozionante) questo mondo immaginario.

VISIONE E STILE

“Tempo rubato” è una storia fatta di chiaroscuri, una storia che racconta di un piccolo grande personaggio: Alice, che sente dentro di sé una musica speciale, che riesce a trasmettere al mondo solamente suonando il piano. Un personaggio che avrà la vita breve, come quella di una farfalla e, per questo, vivrà il suo tempo sempre al doppio della velocità normale.

Un personaggio che non potrà vivere una vita “normale”, come quella dei suoi coetanei, perché sarà sempre o troppo piccola o troppo grande.
Queste sono le riflessioni che mi hanno portato a immaginare un film con uno stile a metà fra i classici di Visconti e di Tornatore (“Il gattopardo” e “La leggenda del pianista sull’oceano”) e altri film più moderni come “Il curioso caso di Benjamin Button” di Fincher e “Call me by your name” di Guadagnino.

Un film, insomma, che abbia una magia nel mostrare, anche “voyeuristicamente” (quasi da lontano, come se stessimo spiando una realtà che non ci appartiene), un mondo sospeso, fra reale e fantastico, dove il tempo sembra talvolta fermarsi. Per poi accelerare improvvisamente.
A livello stilistico quindi immagino che spesso potremmo vedere ciò che sente e percepisce Alice, all’interno del suo mondo. Come se fossimo dentro una visione “in soggettiva” della ragazza, dilatando il tempo quando lei suona la sua musica e percependo i rumori del mondo distanti da noi. Mentre poi potremmo sentire e vedere il mondo, oggettivamente, per com’è realmente, quando siamo distanti dalla nostra protagonista.

Un altro degli aspetti più interessanti a livello registico sarà sicuramente il racconto della Sicilia, come luogo fantastico, reale ma allo stesso tempo immaginifico. Una location poetica; fra case nobiliari, in mezzo alla natura, fra teatri storici e cittadine incastonate fra il mare e la montagna. Per sviluppare la storia di una famiglia che fa di tutto per far vivere ad Alice una vita speciale, nonostante l’assenza di normalità.

Una location che è anche luogo d’innamoramento per il padre di Alice, Norman, un professore inglese, che decide di sposare non solo Marion (la madre di Alice, maestra di musica), ma anche tutto un mondo fatto di dettagli: come il mare, il vento, la natura e l’amore incondizionato verso l’essere umano. Un mondo ammantato di fatalismo e poesia. Dove l’amore di Norman per Marion, due anni dopo, si ripete ciclicamente con l’amore di Alice per William, un musicista che incontra a Taormina.
Perché l’eterno ritorno dell’amore è matematica, così come la musica, all’interno della storia che mi riprometto di raccontare. E anche se il tempo ad Alice è stato rubato, grazie a questo film si tenterà di imprimere nella memoria, per sempre, questa storia. Per farlo ci vorrà passione, onestà e un pizzico di magia.

Lorenzo Mannino